Cos’è veramente l’aracnofobia?

Non sono mai stato un coraggioso.
Non sono uno di quegli amici che prende in mano ogni sorta di animale strisciante, saltante, volante con più di quattro zampe, e a volte anche meno, e te lo porge estasiato, magari solo per farsi una risata a vedere che scappi via.
Ecco, io ero quello che scappava via, e a volte lo sono ancora.

Nato e cresciuto in un contesto cittadino, sono sempre stato terrorizzato dagli insetti e dai ragni. Una gita in campagna coi miei, da piccolo, si trasformava in una sfida regolarmente persa con i miei nervi. Api, mosconi, tafani, zanzare, calabroni, cicale, cavallette, grilli, farfalle. Sembrava che tutto volasse o strisciasse addosso a me, e tornavo a casa la sera esausto.

Come è finita questa fobia?

Beh. In modo molto semplice: non è mai finita.
Ho imparato ad accettare questa parte di me. Vivere lontano dagli insetti, in città, ha aiutato. Ma alla fine, complice la passione per la scienza e l’interesse alla macro-fotografia, mi sono trovato a letteralmente ripensare ad alcune delle mie paure e delle mie paranoie.

Gli insetti sono soggetti meravigliosi per le macro. Esseri alieni, strani, dai colori e dalle forme assurde, infinitamente piccoli. E tra loro (ben sapendo che non sono insetti, ma per amor di categoria qui facciamo un calderone unico), i ragni sono stati quelli contemporaneamente più terrorizzanti e più affascinanti. Conosci il tuo nemico, mi sono detto, salvo poi scoprire dopo qualche tempo che non solo potevo avvicinarmi, ma potevo anche prenderne qualcuno in mano. Ovviamente i più piccoli, e sempre con l’istinto di fuggire… ma piano piano è passata.

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Se anche questo Maratus volans, o Ragno Pavone Australiano, vi suscita solo repulsione e nemmeno un po’ di fascino allora sì, c’è probabilità che siate aracnofobici.

Parliamo di definizioni: l’aracnofobia è una fobia specifica: ovvero una risposta incontrollata di paura nei confronti di una specifica cosa. Può avere diversi livelli di intensità, dal disgusto fino ad un livello di orrore senza controllo che comporta attacchi di panico, fuga e altre reazioni non lucide. Alle volte basta solo un disegno raffigurante un ragno, per suscitare la risposta automatica.
Sono dunque aracnofobo, nonostante mi sia in passato definito tale? No. E molti si autodefiniscono fobici, ma la fobia (in generale e qui in particolare) ha dei contorni patologici ben definiti e molto forti. Lo “schifo” non è abbastanza.

Come si passa all’altra sponda? Come dicevo prima: non si passa. Perché non c’è niente di cui preoccuparsi, niente da superare. Una volta che si apre lo “sportello” mentale della curiosità, e si comprende come questi affascinanti esseri vivano, caccino, si riproducano ecc. ci si accorge che non è servita della psicoterapia per rimuovere una patologia… perché semplicemente non esisteva!

Tuttora non giochicchio con i ragni prendendoli in mano. Sono pur sempre creature delicate, e non sempre conosciamo alla perfezione il loro “linguaggio”, finendo magari per esporci ad inutili rischi. Li rispetto, li ammiro, li guardo e fotografo. Ma esattamente come non metterei una mano in un nido di calabroni, non la metterei in una tana di Atrax robustus.

Ragionevolezza contro istinto. Curiosità contro irrazionalità. Rispetto contro paura. Forse la “cura” è solo un cambio di prospettiva.

Crediti immagini, dall’alto al basso:
Foto dell’autore, tutti i diritti riservati.
Foto di Jurgen Otto, licenza CC BY-SA 2.0

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